Odio e discriminazioni in rete. Da Trieste il Manifesto della Comunicazione non ostile

di M.L 21/02/2017 CULTURA E SOCIETÀ
img

Parte da Trieste un’iniziativa che coinvolgerà nelle prossime settimane molte città italiane e migliaia di cittadini, istituzioni, associazioni. Obiettivo da contrastare i discorsi, le parole, gli slogan che in rete fomentano odio, violenza e discriminazione. L’iniziativa presentata presso la Staziona Marittima della città giuliana ha prodotto subito il primo risultato, ossia il Manifesto della Comunicazione non ostile.

Si tratta di una carta che raccoglie 10 princìpi di stile per ridurre, arginare e combattere i linguaggi negativi che si propagano facilmente in rete, i cosiddetti discorsi d'odio. I princìpi sono stati presentati al pubblico da Gianni Morandi che ha parlato ai molti presenti la sua esperienza diretta di comunicatore in rete, con migliaia di follower e fan ma anche con centinaia di persone che negli anni non hanno lesinato parole d’odio nei suoi confronti.

Il Manifesto della comunicazione non ostile è stato composto a partire dalle oltre 250 proposte della rete giunte negli ultimi mesi a "Parole O_Stili". Proposte riformulate in 23 princìpi di stile e sottoposte a votazione online sul sito dell’organizzazione. I primi 6 sono stati scelti direttamente dalla rete, che ha espresso complessivamente oltre 17 mila preferenze tra il 31 gennaio e il 14 febbraio, mentre altri 4 sono stati selezionati tra quei principi che hanno ottenuto meno preferenze nella votazione on line

Durante l’evento sono intervenuti la presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini intervistata da Anna Masera, la presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia Debora Serracchiani, Alessandro Rosina dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo,.

Il primo atto formale del convegno è il varo dell’edizione definitiva del Manifesto della comunicazione non ostile. È un elenco di dieci princìpi, ciascuno dei quali è seguito da un’indicazione di comportamento. Rosy Russo di “Parole Ostili” ha spiegato come mai sia fondamentale nella società della rete e della globalizzazione scegliere di tornare a usare le parole con molta cura. Spiegala Russo che il Manifesto “è nato in rete, da cento affermazioni proposte dai sostenitori, a cui se ne sono aggiunte altre 250. Le proposte sono state riordinate, accorpate e poi selezionate sulla base dei 17mila voti pervenuti. Un lungo processo condiviso, insomma, concluso con il voto agli ultimi quattro princìpi da parte dei cento sostenitori intervenuti al convegno”.

 Gianni Morandi, che di esperienza nella rete ne ha molta visto che la sua pagina Facebook è una delle più seguite, anche però da chi non lo ama. Usare la pazienza e lo humor è per il noto cantante l’arma migliore, così come l’indifferenza verso gli insulti più violenti e gratuiti.

La presidente della camera Boldrini spiega invece a sua battaglia contro la violenza verbale in rete, illustrando la lettera che recentemente ha inviato a Zuckerberg invitando Facebook a fare di più contro questo fenomeno perché i social network sono giganti globali che possono condizionare l’opinione pubblica e dovrebbero prendersi qualche responsabilità in più. Ci sono, ha detto la  Boldrini, trecento pagine italiane che inneggiano al nazismo: in Italia è un reato. Facebook non sta facendo sul serio: si è preso l’impegno di cancellare messaggi offensivi entro 24 ore, ma questo succede in media solo nel 28 per cento dei casi. E le cancellazioni sono il 50 per cento dei casi in Germania, il 4 per cento in Italia. Così come spesso le fake news non sono goliardate, ma frutto di operazioni pianificate per guadagnarci o per creare il caos.

 

Alessandro Rosina ha presentato  i dati dell’Osservatorio giovani dell’istituto Toniolo. Il primo dato è che la quasi totalità dei giovani tra i 20 e i 34 anni usa la rete. Quasi il 38 per cento si è imbattuto in maniera indiretta in episodi di persecuzione, il 13 per cento li ha sperimentati direttamente, un po’ più del 9 per cento ha esercitato il trolling. Nella maggior parte dei casi (60, 8 per cento) le vittime rimuovono i messaggi e bloccano l’utente.

Nove giovani su dieci ritengono che i discorsi d’odio (hate speech) siano un fatto molto o abbastanza grave, ma uno su dieci (il valore sale nei giovani con bassa scolarità) lo ritiene normale. Il 73,2 per cento degli intervistati dichiara di non aver mai postato contenuti che potrebbero essere ritenuti hate speech, il resto lo ha fatto almeno una volta.

Le vittime principali, secondo gli intervistati, sono immigrati, singole persone pubbliche, omosessuali, musulmani, donne.

Secondo gli intervistati, per contrastare questi episodi è necessaria una segnalazione alle piattaforme o ai siti (78,4 per cento), far eliminare da parte delle autorità l’hate speech (73,3 per cento), applicare censure da parte delle piattaforme e dei siti (70,1 per cento).

 


Tags:




Ti potrebbero interessare

Speciali